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Cocktail DiVino: Brulè con Picolit dei Colli Orientali

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Si è sapienti quando si beve bene: chi non sa bere, non sa nulla.  – Nicolas Boileau (1636-1711)

Il vin brulé (Glühwein, Vin Chaud, Glogg o Mulled Wine), è un’antica bevanda calda a base di vino rosso, zucchero e spezie aromatiche. Nell’Europa centrale, a causa delle temperature stagionali molto basse, la bevanda viene consumata soprattutto nel periodo dell’Avvento. In Italia, invece, si beve in gran parte nel nord della penisola dove, già dal mattino, si trova in vendita nei mercatini Natalizi . A causa della sua preparazione, il vin brulé viene scaldato e spesso anche sfiammato, ha una gradazione alcolica molto bassa e variabile. La nascita di questo vino si perde nella notte dei tempi quando il suo predecessore: il conditum paradoxum (di probabile origine greca), venne descritto nel “De re coquinaria”, una raccolta di ricette del primo gastronomo della storia, Marco Gavio Apicio (25 a.C.-37 d.C.). In base alle fonti storiche questa panacea era un vino dolcificato con abbondante miele che veniva scaldato e aromatizzato con pepe, foglie di nardo, zafferano e datteri. L’intruglio pare avesse scopi curativi e generalmente veniva offerto a fine pasto. In seguito, nel Medioevo, la bevanda venne arricchita con erbe officinali e medicinali. Inoltre si narra che ogni vinattiere o speziale possedesse una propria ricetta segreta (anche fredda), definita da tanti medicamentosa o ippocratica. Secondo taluni il “vino speziato”, non era solo largamente usato e arricchito con erbe dai frati (i quali conoscevano le proprietà curative di erbe e spezie), bensì per le sue proprietà benefiche poichè è corroborante, riscaldante e disinfettante, veniva ampiamente utilizzato da tutta la popolazione con una varietà di ricette. Storicamente, in Francia, esso era anche chiamato  “Il vino dei Poeti” visto che nelle vie Parigine, tra la fine dell’800 e gli  inizi del ‘900, rappresentava il vino del conforto e dell’ispirazioni. Solitamente, il vin brulé, viene preparato utilizzando un vino rosso e corposo, però, ultimamente, è in voga una sua declinazione più amabile e raffinata a base di vino bianco. Oggi, visto all’approssimarsi delle festività, vi propongo la sua variante chic e decisamente più glamour usando proprio del Picolit. Naturalmente, considerando i prezzi e il pregio di questo vino, in tanti riterranno che scaldarlo sia una vera eresia. Niente paura! Per tutti quelli che preferisco non sprecare questo vino riscaldandolo è possibile sostituirlo, nella ricetta base, con qualsiasi altro vino bianco dolce di qualità inferiore.

5.0 from 4 reviews
Cocktail DiVino: Brulè con Picolit dei Colli Orientali
 
Prep time
Cook time
Total time
 
Ricetta per 4 persone
Author:
Recipe type: Drinks
Serves: 15
Ingredients
  • 500 ml vino bianco Picolit
  • 200 g di zucchero
  • scorza di 2 Arance bio
  • succo di 4 Arance bio
  • scorza di 2 Limoni bio
  • 4 bastoni di cannella
  • polpa di un baccello di Vanilla
  • Un pizzico di noce moscata
  • Un pizzico di Cardamomo
  • 4 Chiodi di garofano
  • 1 anice stellato
Instructions
  1. Versare lo zucchero in un tegame d'acciaio, aggiungere la scorza degli agrumi (privata della loro parte bianca e amara), le spezie e il vino. Poggiare la pentola sul fuoco e portare a bollore. Girare il composto con un cucciai di legno e lasciar bollire a fiamma dolce per altri 5 minuti, giusto il tempo di far disciogliere lo zucchero. Aggiungere il succo degli agrumi tenuti a temperatura ambiente, filtrare con un colino e servire ancora caldo.

 

picoltCarta d’identità

Denominazione: Colli Orientali del Friuli Picolit

Vitigni principali: Picolit Gradazione alcolica minima: 15 gradi

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Caratteristiche * Colore: paglierino con sfumature dorate * Odore: intenso, fiorito con sentori di frutta matura * Sapore: amabile tendente all’abboccato o al dolce; pieno, ricco e ben strutturato

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Servizio * Temperatura 12 °C * Abbinamenti: preparazioni di fegato quali patè, formaggi erborinati come gorgonzola, stilton e roquefort, pasticceria secca *******************************************

Il Picolit vanta un’origine antica, ma compare solo saltuariamente nella storia enologica. I l vitigno con tutta probabilità autoctono, era conosciuto già in epoca romana. Ma da quel periodo fino in età moderna se ne trova cenno solo in scritti del Settecento, dai quali possiamo sapere quanto fosse apprezzato nelle corti reali di Francia, Germania e Inghilterra. Veniva commercializzato in ampolle da un quarto di litro, e contenitori così piccoli fanno presuppvigne-nei-colli-orientali-del-friuliorre che fosse un vino di grande pregio. Del resto gli acquirenti erano i regnanti d’Europa e gli alti prelati dello Stato della Chiesa. In quel periodo i produttori dell’Udinese e del Goriziano pagavano parte delle imposte con il Picolit. Verso la fine del”Ottocento del Picolit non vi è più traccia scritta. In epoche più recenti questo vino ha finalmente ottenuto la considerazione che merita, grazie ai nuovi orientamenti dell’enologia italiana, sempre più indirizzati alla produzione di vini di altissima qualità. E’ comunque ancora, e probabilmente lo sarà anche in futuro, un vino difficile: assai costoso per l’acquirente e nel contempo estremamente impegnativo per il produttore. Il Vitigno Basta osservare un grappolo di Picolit per rendersi conto di quanto sia problematica la sua produzione. Dai tralci pendono grappoli spogli, con sparuti acini. Questo accade perchè il polline che feconda i fiori femminili è quasi totalmente sterile. Pertanto si verifica un vero e proprio ” aborto floreale “, e solo una minoranza dei fiori genera gli acini prima di cadere. La pianta potrebbe essere fecondata dal polline di altre viti, ma per riuscirvi occorrerebbe procedere con metodi manuali, troppo onerosi. Inoltre il vitigno dà risultati adeguati alle aspettative solo se viene messo a dimora nei terreni di origine vulcanica dei colli udinesi e goriziani. Pertanto la produzione di Picolit, almeno per ora, è destinata ad essere assai contenuta. Ma tale sterilita, apparentemente negativa, in pratica ha caratterizzato il vino. Infatti il ” nettare ” della pianta, anzichè distribuirsi tra migliaia di chicchi, si concentra solo su quelle poche centinaia ( quando non decine ) che sono giunti a maturazione e di conseguenza ne eleva il tenore zuccherino e l’ampiezza aromatica. La Doc Attualmente il Picolit viene prodotto nei Colli Orientali del Friuli e nel Collio. Quello vinificato nei Colli Orientali del Friuli è stato il primo ad essere riconosciuto doc. Il disciplinare stabilisce, oltre alla zona di produzione, con quali uve vada vinificato, cioè con almeno il 90% di uva picolit. La quantità di uva prodotta per ettaro nocolli_orientali-del-friuli_comunin può superare i 40 quintali. Al momento della commercializzazione, il Picolit presenta colore paglierino con sfumature dorate; profumo intenso, fiorito con sentori di frutta matura; il sapore è amabile o dolce, pieno, ricco e ben strutturato, il tenore alcolico minimo è di 15°. Il vino invecchiato per almeno 26 mesi può riportare la denominazione ” Riserva “. All’interno della zona di produzione è stata riconosciuta una sottozona denominata Cialla. Il Piccolit qui prodotto è vinificato in purezza ( uve picolit al 100% ) e la loro resa è di soli 35 quintali per ettaro. Ha la stessa gradazione minima dei Colli Orientali, caratteristiche organolettiche più accentuate e deve invecchiare almeno 22 mesi, periodo che sale a 50 mesi per la versione Riserva. Il Picolit in tavola Il Picolit nella sua unicità, presenta sfumature di sapore che comprendono varie gamme di dolcezza. In genere si dice che un vino è abboccato se ha presenza zuccherina appena accennata; amabile quando la dolcezza è maggiormente percettibile; dolce se la concentrazione zuccherina è molto marcata. Il Picolit sfugge a questa distinzione: è solitamente amabile con sfumature che possono tendere all’abboccato o al dolce. Abboccato – amabile I vini di dolcezza molto discreta si possono accostare ad alcuni cibi salati. Per esempio la presenza zuccherina molto tenue equilibra il sapore amarognolo delle preparazioni a base di fegato. Tra queste il foie gras, vale a dire il fegato grasso dell’anatra e dell’oca, il fegato di vitello cucinato con cipolle ( ortaggio che in cottura manifesta un gusto particolarmente dolce ), i patè a base di fegato d’oca, d’anatra, di pollo, di maiale, di vitello ecc. Un vino di dolcezza accentuata risulterebbe invece distonico, così come uno decisamente secco. Amabile Il Picolit amabile unisce alla dolcezza una buona struttura ed è pertanto idoneo ad accompagnare cibi piccanti, ma nel contempo abbastanza grassi e strutturati. E’ il caso dei formaggi piccanti e di quelli che vengono valorizzati dall’aggiunta di qualche goccia di miele. Alcuni formaggi – come quelli così detti erborinati ossia con prgrappolo-picolit-400x280esenza di muffe ( da ” erborin”, che nel dialetto milanese significa prezzemolo e che ricorda il colore della muffa ), come il gorgonzola naturale, il roquefort, lo stilton – sono dotati di gusto penetrante, per certi versi piccante; questa caratteristica li rende di difficile abbinamento in quanto la nota piccante non si concilia con i vini secchi, ma trova un punto d’incontro nei vini amabili di buona corposità. Dolce I Picolit dolci possono accompagnare alcuni formaggi come quelli descritti sopra, ma il il loro abbinamento ideale è con i dessert; i vini mediamente dolci possono accompagnare pasticceria da forno come biscotti, crostate, torte lievitate; quelli più zuccherini, dolci al cucchiaio come crema inglese, crema chantilly, bavaresi e così via.

picolit-dei-colli-orientali

Cliccate qui per recarvi da Antonella del blog “Il tempo ritrovato”  e scoprire la ricetta del Patè di fegato di vitello da abbinare a questo vino.

Immagini dal web- Immagine del cocktail inserita a puro scopo dimostrativo e di proprietà del sito docemela.net -Wall e cocktail a cura di Audrey- Parte dedicata al vino a cura di Antonella Speranza.

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